Caccia al patrimonio disperso della famiglia Martelli

Impronte Gemmarie

L’arte di incidere le pietre dure: alla BIAF di Firenze la collezione di impronte gemmarie appartenuta ai Martelli

Ancora una volta, i Martelli lasciano traccia della loro notorietà in tema collezionistico

Vetrina Zolfi
Zolfi
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Mostra Zolfi
Vetrina Zolfi

Quest’anno, in occasione della XXXII Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, siamo venuti a conoscenza di una collezione di oggetti d’arte molto particolari: si tratta di una raccolta di impronte gemmarie in genere denominate “zolfi”, proveniente da Casa Martelli ovvero dal palazzo familiare che era situato in via della Forca, oggi via Zannetti. Una collezione poi finita nel mercato dell’arte ed infine acquistata dalla galleria Orsini Arte e Libri di Milano.

I due protagonisti dell’acquisizione delle impronte gemmarie furono l’Abate Domenico Martelli (1672-1753) ed il Balì Marco Martelli (1740-1813).

Nel 1744 a Roma, dove visse per diversi anni, l’Abate Domenico acquistò due cofanetti, ognuno dotato internamente di sette ripiani, contenenti un ingente numero di impronte gemmarie rosse in zolfo, pregiatissime riproduzioni di cammei datati al secolo XVIII raffiguranti immagini della mitologia classica, divinità, filosofi, imperatori, ed altri celebri uomini del mondo antico. Queste riproduzioni erano state realizzate nel corso del Settecento nella più famosa officina romana del tempo, la quale si occupava di calchi ed opere affini, ovvero la manifattura del tedesco Cristiano Dehn. Le puntuali informazioni di cui si dispone riguardo la composizione della raccolta sono pervenute grazie alla precisione che l’Abate Domenico Martelli ebbe nell’allegare all’interno della collezione, in appositi cofanetti, i cartigli che fungevano da schede inventariali.

Nell’Ottocento poi la collezione fu arricchita grazie alla figura del Balì Marco Martelli (1740-1813). In questo caso le impronte gemmarie erano state realizzate con un composto di colore chiaro tendente al bianco e con l’aggiunta di una minima parte di zolfo. Le impronte provenivano da originali cammei di proprietà del Granduca di Toscana. L’artista che si occupò della realizzazione fu l’incisore Bartolomeo Paoletti (1757-1834), per conto dell’allora direttore delle Gallerie fiorentine Tommaso Puccini (1749-1811). Il Paoletti risiedeva a Roma e lì aveva studio e bottega. La serie Martelli degli stampi Paoletti, acquistata dal Balì nel 1813, trovò collocazione nel palazzo di via della Forca, oggi via Zannetti. La raccolta, unita alla precedente appartenuta all’Abate Domenico, costituiva un’importante collezione che arricchiva il Gabinetto delle Belle Arti di Palazzo Martelli.

Tali sapienti acquisizioni, dapprima quella dell’Abate Domenico e successivamente quella del Balì Marco, aiutano l’osservatore a distinguere, nel delineare una storia del collezionismo Martelli, la grande abilità e sapienza nello scovare oggetti che erano molto ricercati nel Settecento, come appunto le impronte gemmarie. Oggetti che solo i collezionisti più edotti e tenaci potevano desiderare di acquisire, e che avevano la funzione didattica di studio della glittica, dell’iconografia classica, finalizzate alla riscoperta dell’antico.

Cristiana Danieli

Bibliografia
A. Civai, Dipinti e sculture in casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all'Ottocento, Opus Libri, 1990.
L. Pirzio Biroli Stefanelli, La raccolta di “zolfi” del XVIII e XIX secolo proveniente da casa Martelli a Firenze, Orsini Arte Antica, Milano, 2022.
Per un approfondimento si rimanda a F.M. Dolce, Descrizione istorica del museo di Cristiano Dehn dedicata alla Regia Società degli Antiquari di Londra, Roma, 1772;
E.Q. Visconti, Opere varie italiene e francesi, Società tipografica de Classici Italiani, 1829.
F. Fiorelli Malesci, Una casa che diventa museo. Una famiglia e la sua storia, Firenze, Polistampa, 2013