Caccia al patrimonio disperso della famiglia Martelli

La Pieve di San Giusto in Piazzanese

Catasto generale toscano Mappa del 1820
disegno pieve di san Giusto
san Giusto facciata
san Giusto Alto
san Giusto Interno
san Giusto Interno
ricostruzione pala altare
San Giusto, fonte battesimale in maiolica con Storie del Battista, di Benedetto Buglioni
Biblioteca Roncioniana Fondo Fotografico013
san Giusto Interno

La pieve di San Giusto in Piazzanese è uno dei possedimenti religiosi appartenuti alla famiglia Martelli, situata alle porte della città di Prato. La prima testimonianza dell’esistenza di questa pieve risale al 779, ma è solo dal X secolo in poi che questa chiesa plebana e il territorio circostante assumono una certa importanza1

Nel diploma di Ottone III del 998 vengono citate sei pievi nei dintorni di Prato, tra cui anche quella di San Giusto in Piazzanese, eretta in prossimità di via Cava, arteria fondamentale nell’alto medioevo che, ricalcando il decumano romano, collegava queste terre con la Colonia fiorentina, in corrispondenza delle attuali via degli Alfani e via Guelfa2. È proprio a partire dal X secolo che le chiese plebane arrivarono ad essere degli importanti punti di riferimento del mondo rurale, divenendo per gli abitanti delle campagne il fulcro della vita religiosa e non solo. La presenza di un battistero e di un cimitero creava un legame indissolubile tra la popolazione di fede cristiana e l’edificio religioso, nonché una perfetta organizzazione ecclesiastica territoriale culminante, tra le altre cose, nella riscossione delle decime3. Inoltre, tali chiese plebane erano munite di alti campanili che avevano la funzione non solo di adunare la popolazione in occasione di feste e celebrazioni religiose, ma anche di richiamarla in caso di pericolo4. Infatti, non erano rare devastanti incursioni e saccheggi: la storia della pieve di San Giusto venne segnata dalle scorrerie di Castruccio Antelminelli del 1323 e 1325, il quale, insieme ai suoi alleati, occuparono per lungo tempo tale edificio religioso5. Sappiamo che in quegli anni il campanile della chiesa di San Giusto venne abbattuto, proprio in quanto si voleva impedire a Castruccio di utilizzarlo come punto di avvistamento, ma venne ricostruito celermente dal Comune nel 13646.

La particolarità della valle del Bisenzio, dove si trova la pieve di San Giusto in Piazzanese, è la presenza delle cosiddette “gore”, ovvero dei canali artificiali in cui confluivano le acque paludose e che determinavano, al contempo, la formazione di un terreno particolarmente adatto all’agricoltura e all’alimentazione per il bestiame7. In modo particolare, la pieve di San Giusto in Piazzanese presenta un fossato alimentato dall’omonima gora proveniente dal Bisenzio e creato proprio a seguito delle incursioni trecentesche8. Tale peculiarità, i cui segni sono visibili ancora oggi, denota l’importanza difensiva di questo sito durante la fase medievale, assolutamente essenziale per la protezione della popolazione rurale: si venne a creare, così, un rapporto di interdipendenza tra quest’ultima e l’organizzazione ecclesiastica vescovile, a capo dell’amministrazione cultuale e territoriale.

Le fasi di ricostruzione e decorazione degli ambienti della pieve di San Giusto in Piazzanese ci aiutano a comprendere i tratti salienti della storia dell’edificio e, di conseguenza, i passaggi di patronato di cui la famiglia Martelli è protagonista per oltre cinque secoli.

Le prime notizie del patronato della famiglia Martelli sulla pieve di San Giusto sono da far risalire al 1463, anno in cui Pio II invia una bolla papale al Proposto di Prato “colla quale lo incarica annuendo alle preci di Roberto di Niccolò Martelli di dare al medesimo e suoi successori il Giuspatronato della Pieve di San Giusto in Piazzanese, a condizione che vi sia speso da esso in miglioramenti ed aumenti fiorini 400 d’oro”9. Risulta evidente, quindi, che la pieve di San Giusto sia ora proprietà della famiglia Martelli, che si occupò per lungo tempo di sostentare e migliorare le condizioni della pieve e del terreno in cui essa sorge. In questa stessa bolla papale si parla di “ecclesiasticis ornamentis”, riferendosi ai lavori di restauro e ai nuovi arredi liturgici fatti commissionare dalla famiglia Martelli negli anni subito precedenti al riconoscimento del patronato: infatti, nel 1439, sappiamo esservi stata una consistente ristrutturazione nella parte absidale della chiesa, sostituendo alle tre absidi medievali un nuovo coro rinascimentale, eliminato dalle successive trasformazioni10. A seguito di tale intervento architettonico venne commissionata dalla famiglia fiorentina una “moderna tavola quadra” (ovvero una pala d’altare di notevole pregio) a Domenico di Michelino, realizzata tra il 1458-60 e posta al centro della zona absidale11. Attualmente, la pala di Domenico di Michelino risulta frammentaria, non essendosi conservata, purtroppo, nella sua totale integrità, ma una parte di essa è tutt’oggi esposta al Museo dell’Opera del Duomo di Prato12. Lo studioso Claudio Cerretelli ha creato un’interessante ipotesi di ricostruzione dell’opera, che doveva essere adornata da una cornice tipicamente rinascimentale.

Un’altra preziosa testimonianza della proprietà della pieve di San Giusto da parte della famiglia Martelli è la bolla di papa Sisto IV del 1471 rivolta al Vescovo di Pistoia, in cui si conferma la proprietà della pieve a Francesco Martelli e ai suoi fratelli, figli di Roberto, con la specifica che venissero spesi 200 fiorini d’oro per il miglioramento dell’edifico religioso13. Uno dei figli di Roberto Martelli, Bernardo, diventerà il pievano di San Giusto nel 1481, richiedendo nel 1484 la scomunica ufficiale dei “detentori e usurpatori di beni mobili e immobili attenenti alla pieve”14. Ciò significa che Bernardo vuole sottolineare la sua posizione di unico pievano di San Giusto, ribadendo il suo potere non solo sulla pieve, ma anche sui preziosi beni contenuti al suo interno. Si può ipotizzare, quindi, vi fosse stata una diatriba tra fratelli sull’amministrazione e la detenzione di tale edificio religioso, di cui Bernardo ne ebbe la meglio.

La pieve di San Giusto in Piazzanese era evidentemente fruttuosa a livello economico per chiunque ne avesse il Giuspatronato: durante tutto il Cinquecento molti componenti della famiglia Martelli, tra cui ad esempio Prospero e Giò, si contesero la proprietà dei beni mobili e immobili legati alla chiesa15. In questo secolo non vennero eseguite grandi opere di ristrutturazione degli ambienti (come, invece, vedremo in seguito), ma venne costruito il fonte battesimale in maiolica robbiana, visibile all’interno della chiesa ancora oggi: l’opera è di Benedetto Buglioni, risale al 1505-1510 e raffigura scene della vita di San Giovanni Battista con vivaci rilievi in smalto bianco, blu, bruno e verde16.

La pieve di San Giusto subì tra il Seicento e il Settecento, soprattutto, notevoli lavori di ristrutturazione e decoro degli ambienti di cui i Martelli si fecero fautori, contribuendo a dare all’edificio l’aspetto che vediamo oggi17. In particolar modo, vi sono due elementi che ci confermano la committenza da parte della famiglia nobiliare fiorentina: un’iscrizione stante su una porta interna situata lungo la parete destra, risalente al 1665, che riguarda la conclusione di una lite per il patronato della pieve dopo la morte di Pierfrancesco Martelli; uno stemma appartenuto alla famiglia Martelli, con l’inconfondibile grifone rampante, che campeggia su un arco trionfale decorato da pilastri con capitelli compositi e arco, che introduce al presbiterio, fatto costruire nel 173618.

Le ristrutturazioni più consistenti vennero effettuate tra il 1730 e il 1745, tutt’ora visibili sia nell’apparato architettonico esterno (facciata e porticato), sia in quello interno, corredato da nuovi arredi liturgici di notevole pregio19. Tali interventi furono così importanti da far annoverare la pieve di San Giusto in Piazzanese come una delle chiese settecentesche meglio conservate di tutta Prato e provincia20. I lavori di restauro e i nuovi arredi furono fortemente voluti dal pievano Gabriel Maria Becattelli, il quale contribuì al finanziamento di tali operazioni, sempre sotto il patronato della nobile famiglia Martelli. Pare che nel 1749 vi fu una speciale visita pastorale in cui il vescovo rimase incantato da cotanto splendore, definendo la chiesa di San Giusto “senza dubbio una delle migliori e più riguardevoli di tutta la diocesi”21. A testimonianza di tale intervento vi è un cabreo settecentesco, conservato nell’Archivio del Capitolo della Basilica di San Lorenzo a Firenze, che rappresenta la pieve di San Giusto modificata a seguito degli interventi di ristrutturazione degli esterni, nonché inserita in un contesto quasi “fiabesco”, ricco di gore e mulini.

Gli esterni, come accennato, videro un ampliamento del porticato e la ristrutturazione della facciata, ma tra Otto e Novecento venne eseguito un intervento di semplificazione delle linee classicheggianti, che eliminò alcune riquadrature ed elementi decorativi della fase settecentesca22. Abbiamo visto come anche la struttura interna della pieve cambiò a partire dal 1730, in quanto venne costruito il presbiterio e realizzata una cupoletta cieca, nonché un nuovo coro; inoltre, venne costruita la sacrestia dietro all’altare maggiore, anch’essa grande e decorosa, adornata di stucchi bianchi così come anche l’interno della chiesa stessa23. Sulla parete di fondo del coro, dietro l’altare, è presente una tela dipinta nel 1764 da Tommaso Gherardini, raffigurante la Visione di San Giusto, dallo stile classicista, quasi scultoreo, ripreso sia dal Batoni che dal Meucci24. Il celebre pittore Tommaso Gherardini, a partire dal 1738, partecipò a tutte le iniziative decorative patrocinate dalla famiglia Martelli, sia nelle ville che nel palazzo di Firenze, sia anche, come abbiamo visto, nel nuovo apparato decorativo della chiesa di San Giusto in Piazzanese25. Colui che commissionò molte opere al pittore fiorentino fu il senatore Niccolò Martelli, il quale prese la pieve di San Giusto sotto la sua giurisdizione a partire dal 1752, ovverosia quando si estinse il ramo genealogico di Roberto26. Da dopo questo periodo storico in poi si hanno poche notizie riguardati il patronato della pieve di San Giusto, ma è verosimile che sia rimasta di proprietà della famiglia Martelli fino all’Ottocento. Sappiamo, inoltre, che non vennero eseguite radicali modifiche interne o esterne alla struttura, ma piuttosto lavori di ripresa e restauro dei paramenti murari e delle decorazioni pittoriche.

Ad oggi, la chiesa di San Giusto in Piazzanese è un vero e proprio punto di riferimento per la comunità parrocchiale della diocesi di Prato, vissuta a pieno dai suoi componenti quale centro di aggregazione culturale e religiosa.

a cura di Margherita Stisi


1 Cerretelli 2003, p. 226
2 Centauro, Fanfani 2022, p. 47
3 Centauro, Fanfani 2022, p. 47
4 Centauro, Fanfani 2022, p. 47
5 Cerretelli 2003, p. 226
6 Cerretelli 2003, p. 226
7 Centauro, Fanfani 2022, pp. 49-50
8 Centauro, Fanfani 2022, p. 44
9 Giudrinetti, Fattori 2021, p. 13
10 Cerretelli 2015, p. 58
11 Cerretelli 2015, p. 58
12 Cerretelli 2015, pp. 60-61
13 Giudrinetti, Fattori 2021, pp. 14-15
14 Giudrinetti, Fattori 2021, pp. 16-17
15 Giudrinetti, Fattori 2021, pp. 33-38
16 Cerretelli 2003, p. 227
17 Cerretelli 2003, p. 226
18 Cerretelli 2003, p. 226-228
19 Cerretelli 2003, p. 226-228
20 Fantappiè 1999, p. 252
21 Fantappiè 1999, p. 253
22 Fantappiè 1999, p. 253
23 Fantappiè 1999, p. 253
24 Cerretelli 2003, p. 227
25 Civai 1990, pp. 88-89
26 Civai 1990, p. 89Civai 1990, p. 89


Bibliografia

Centauro G. A., Fanfani D., La Fattoria Medicea di Cascine di Tavola. Un Progetto Integrato di Territorio per la rigenerazione patrimoniale di un paesaggio vivente, Firenze University Press, 2022

Cerretelli C., Prato e la sua provincia, Giunti editore, Firenze, 2003

Cerretelli C., Tabule quadrate et sine civoriis: riflessioni su cinque pale rinascimentali “pratesi”, in Prato. Storia e arte, vol. 117, 2015, pp. 52-68

Civai A., Dipinti e sculture in casa Martelli. Storia di una collezione fiorentina dal Quattrocento all’Ottocento, Opus Libri, Firenze, 1990

Fantappiè R., Il Settecento a Prato, CariPrato S.p.A. – Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, 1999

Giudrinetti E., Fattori D., N/364 Martelli - Pergamene (1-258) secc.XII-XVII, Archivio di Stato di Firenze, 2021