Caccia al patrimonio disperso della famiglia Martelli

Quattro album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli

album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
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album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
 album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
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 album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
 album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
 album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli
 album fotografici appartenuti alla famiglia Martelli

Presso l’Archivio di San Lorenzo, dono di Monsignor Marco Domenico Viola, si conservano quattro album fotografici ottocenteschi appartenuti alla famiglia Martelli. Tutti sono rilegati in pelle decorata da impressioni geometriche e hanno belle chiusure metalliche. Uno degli album ha sulla coperta anteriore una veduta di Firenze stampata su seta e protetta da un vetro molato. I tagli delle pagine sono dorati e degli appositi passepartouts – anch’essi profilati d’oro – incorniciano ogni fotografia. In qualche caso una mano dalla grafia incerta – forse per anzianità – ha lasciato alcuni appunti a matita sui passepartouts, indicando i nomi delle persone ritratte. Gli album Martelli sono infatti una vera e propria galleria di ritratti, stampati all’albumina in un formato che a partire dalla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento ebbe una straordinaria diffusione: la carte-de-visite. Era stato un fotografo francese, André Adolphe Eugène Disdéri (1819-1889), a mettere a punto e a registrare l’invenzione del nuovo formato nel 1854. Si trattava di piccole immagini rettangolari che venivano vendute al cliente dopo essere state incollate su un cartoncino che riportava il nome del fotografo. Le pose potevano essere molteplici e il cliente sceglieva quelle che riteneva di voler stampare e riprodurre, dunque spesso fotografie simili, ma diverse per l’atteggiamento delle persone ritratte, potevano essere il risultato di un’unica sessione presso lo studio del fotografo1.

Fra le fotografie negli album in esame, proprio di Disdéri è un ritratto di uno dei membri più importanti della famiglia Martelli nella seconda metà dell’Ottocento, Alessandro (1812-1904). Terzogenito maschio di Niccolò Martelli e Caterina de’ Ricci, Alessandro – a seguito della morte del fratello Giovan Battista (1811-1830) e dello scandalo suscitato dalla relazione del primogenito Marco (1810-1866) con Teresa Ristori – si era trovato alla guida della famiglia, in anni complessi, tra la fine del granducato lorenese e gli anni di Firenze capitale2. Nel ritratto fotografico opera di Disdéri lo vediamo in piedi, appoggiato con il braccio a un piedistallo e col cappello in mano. Nella stessa occasione deve essere stata scattata anche una fotografia che fa parte della collezione del Museo di Casa Martelli e che lo ritrae invece seduto e con delle carte in mano3.

Una galleria di ritratti dunque, ma i personaggi rappresentati in larga parte non sono membri della famiglia Martelli, né necessariamente erano in stretti rapporti con essa. Il formato carte-de-visite ebbe grande successo infatti anche per questo: consentiva la diffusione in larga scala di ritratti, e dunque delle fattezze delle persone di cui fino a poco tempo prima non c’era stato modo che di conoscere le vicende, ma non i volti. Ecco dunque l’affermarsi dell’album di una tipologia precisa, spesso di dimensioni contenute, ma di fattura elegante, prodotto appositamente per contenere le collezioni di cartes-de-visite4.

Purtroppo solo da uno dei quattro album è stato possibile estrarre le fotografie per visionarne il retro e raccogliere le informazioni legate ai fotografi. In ogni caso colpisce l’eterogeneità della collezione dal punto di vista dei nomi rappresentati: fotografi italiani, francesi, ma anche inglesi e persino turchi e siriani. In termini numerici il nucleo più corposo è costituito da fotografie scattate o acquistate presso la Fratelli Alinari, alcune delle quali sono databili agli anni Cinquanta, quando la sede della società si trovava ancora, come si legge sul retro delle stampe, in “Piazza S. Gaetano”5.
Fra queste è il ritratto di Alessandro Lamporecchi (identificato da un appunto scritto a matita sul passepartout), fratello di Isabella Lamporecchi, madre di Virginia Oldoini, contessa di Castiglione. Alessandro era figlio di Ranieri Lamporecchi, giurista, il quale nel 1846 aveva acquistato palazzo Gianfigliazzi sul Lungarno Corsini6, che era appartenuto alla contessa d’Albany e che era stato residenza di Luigi Bonaparte, futuro Napoleone III7.

Negli album Martelli numerosi sono i politici e gli aristocratici, protagonisti dell’alta società del terzo quarto del secolo, del Risorgimento italiano1 e della Francia del Secondo Impero. Alla Casa di Lorena i Martelli erano fortemente legati e non mancano i ritratti del granduca e della granduchessa, ma troviamo anche il ritratto di Garibaldi, di Cavour, del re Vittorio Emanuele II e di alcuni dei primi senatori e ministri del Regno d’Italia, nonché di alcuni fiorentini illustri – per nascita o per elezione – come il medico professor Maurizio Bufalini (1787-1875), ritratto da Alinari in tarda età.

Di Giovan Battista Niccolini (1782-1861) è una fotografia appartenente a una serie di “pose” che devono essere servite al pittore Stefano Ussi per realizzare il ritratto postumo del drammaturgo, datato 1864 ed esposto alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Nella fotografia Martelli, Niccolini è ritratto con un cappello cilindrico in testa e seduto su una poltrona accanto a un tavolo, coperto da un pesante tessuto, sul quale sono alcuni libri e un calamaio con una penna. La stessa penna, nel ritratto dipinto da Ussi, compare nella mano destra di Niccolini, che il pittore rappresenta a mezzo busto, colto nell’atto di scrivere. Sono anni in cui si discute se la fotografia sia da considerarsi arte o solo un mero mezzo di riproduzione meccanico9, e del rapporto fra la pittura e la fotografia. Talvolta nell’elaborazione dei propri pensieri il pittore poteva servirsi del mezzo fotografico, o, come in questo caso, poteva utilizzare una o più fotografie come modello e riferimento nell’esecuzione dell’opera pittorica10.

Tra le fotografie degli album Martelli, numerosi sono i ritratti dell’aristocrazia europea, in particolare dei principi di Baviera, della Casa d’Austria e soprattutto della corte di Napoleone III. Oltre all’Imperatore, sono rappresentati molti personaggi legati alla Francia del Secondo Impero e legati talvolta anche a Firenze. Tra questi Matilde Bonaparte (1820-1904), cugina di Napoleone III, che aveva sposato Anatolio Demidoff11 e vissuto a Firenze12, per poi trasferirsi, dopo la separazione dal marito, a Parigi. Il cugino le concesse allora il titolo di Altezza Imperiale e un appartamento in rue de Courcelles, dove Matilde tenne un importante salotto letterario e per questo fu definita da Sainte-Beuve “Notre-Dame des Arts”13. Nella fotografia Martelli, della quale non è stato possibile vedere il retro e dunque identificare il fotografo, Matilde è ritratta in piedi, con un elegante vestito di velluto scuro bordato di pizzo, dalle lunghe e ampie maniche. L’abito è chiuso sotto al mento con un grande fiocco e il volto non più giovanissimo è incorniciato da un velo di pizzo. L’acconciatura dei capelli, perfettamente divisi al centro e tirati verso il basso a coprire le orecchie, è la stessa che vediamo nel ritratto eseguito nel 1844, all’epoca del matrimonio col Demidoff, ad opera del pittore Ary Scheffer (1795-1858), ed esposto alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti entro una sontuosa cornice intagliata con foglie d’alloro e dorata, opera dei fiorentini fratelli Pacetti14.

Negli album Martelli si contano tre ritratti di Giuseppe Poniatowski (1816-1873), che fu uno dei protagonisti della corte fiorentina e in seguito di quella parigina. Giuseppe era figlio illegittimo del nipote dell’ultimo re di Polonia, Stanislao Poniatowski, il quale, in esilio dalla propria patria dopo la rinuncia al trono dello zio, si era stabilito a Firenze15, entrando a far parte della corte del granduca di Toscana16. Il figlio Giuseppe studiò musica, divenendo compositore17, ma più tardi abbracciò anche la carriera diplomatica quando nel 1848 Leopoldo II lo inviò in Francia e poi a Londra per conto del governo toscano18. Nel 1854, dopo il colpo di Stato, Napoleone III chiamò Giuseppe Poniatowski a Parigi e lo fece senatore19. A Parigi Giuseppe poté preparare il terreno per la nipote Maria Anna Waleska (figlia della sorella Isabella Poniatowski20) la quale divenne per un periodo l’amante di Napoleone III. Giuseppe fu amico d’infanzia e per tutta la vita di Virginia Oldoini Verasis, contessa di Castiglione, che lui chiamava familiarmente “Nicchia”, e le fu particolarmente vicino all’epoca della separazione dal marito, Francesco Verasis di Castiglione21. Gli ultimi anni di Giuseppe Poniatowski furono difficili a causa dei molti debiti contratti; continuò a comporre musica e nel 1860 mise in scena un’opera dal nome fiorentino: il Pierre de Médicis22.

Almeno sette sono le fotografie che ritraggono esponenti di un’altra importante famiglia: i Waleski. Del conte Alessandro Waleski, figlio illegittimo di Napoleone I e dell’amante Maria Waleska e membro della corte francese, sono conservati tre ritratti. Alessandro fu ministro degli esteri di Napoleone III23 e presiedette il Congresso di Parigi del 1856. A Versailles è conservato un grande quadro del pittore Edouard-Louis Dubufe che celebra l’importante occasione, ritraendo i protagonisti di quell’incontro diplomatico; fra di essi, al centro della composizione, seduto su una poltroncina a gambe incrociate, è proprio il conte Waleski, facente funzioni del padrone di casa24. La moglie Maria Anna Waleska, nata di Ricci e figlia di Isabella Poniatowski, sorella di Giuseppe, fu una delle dame di compagnia dell’Imperatrice Eugenia e al contempo, divenendo per un periodo la favorita di Napoleone III, pose di fatto fine alla relazione dell’Imperatore con la contessa di Castiglione25. Negli album Martelli, Maria Anna compare in almeno due fotografie, in una è ritratta al braccio del marito, in un’altra da sola. Un ritratto pittorico della Waleska, opera di nuovo di Dubufe, è conservato – in deposito dalla collezione del conte Charles-André Colonna Waleski – presso il Musée du Second Empire al castello di Compiègne.

a cura di Lisa Corsi


Bibliografia
1 Beaumont Newhall, Storia della fotografia, Giulio Einaudi Editore, Torino 1984, pp. 89-92. Sylvie Aubenas, Le petit monde de Disdéri, in «Études photographiques» 3, novembre 1997.
2 Monica Bietti, Un salotto mancato: personaggi e immagini della famiglia Martelli fra Otto e Novecento, in Firenze in salotto, intrecci culturali dai riti aristocratici del Settecento ai luoghi della sociabilità moderna, a cura di Francesca Fiorelli Malesci e Giulia Coco, Atti del convegno, Centro stampa del Consiglio Regionale della Toscana, Firenze 2017, pp. 180-204.
3 Monica Bietti, Un salotto mancato: personaggi e immagini della famiglia Martelli fra Otto e Novecento, cit., p. 199.
4 Luigi Tomassini, La fotografia custodita, in MNAF. Museo Nazionale Alinari della Fotografia, a cura di Monica Maffioli, Alinari Idea, Firenze 2006, pp. 187-215.
5 Monica Maffioli, I fratelli Alinari: una famiglia di fotografi 1852-1920, in Fratelli Alinari fotografi in Firenze, 150 anni che illustrarono il mondo 1852-2002, a cura di Arturo Carlo Quintavalle e Monica Maffioli, Alinari 2003, pp. 21-56.
6 Leonardo Ginori Lisci, I palazzi di Firenze nella storia e nell’arte, Cassa di Risparmio di Firenze, Firenze 1985, Vol. I, pp. 141-146.
7 Benedetta Craveri, La contessa Virginia Verasis di Castiglione, Adelphi, Milano 2021, p. 18.
8 Monica Maffioli, Fotografia e Risorgimento: 1849-1870, in Napoleone III e l’Italia, la nascita di una Nazione 1848-1870, AA.VV., Alinari 24 Ore, Milano 2010, pp. 32-43.
9 Beaumont Newhall, Storia della fotografia, cit., pp. 102-119 e 195-234.
10 Sul rapporto fra pittura e fotografia negli stessi anni in Toscana si veda: I Macchiaioli e la fotografia, catalogo della mostra a cura di Monica Maffioli, Fratelli Alinari, Firenze 2008.
11 Anatolio Demidoff (1813-1870) aveva fondato a Firenze il Jockey Club, poi Circolo dell’Unione. Il Circolo fu tra i sottoscrittori per l’erezione del monumento a Dante Alighieri in piazza Santa Croce e della facciata di Santa Maria del Fiore. Si veda Enrico Colle, Immagini toscane fra quieto vivere borghese e mondanità, in Firenze in salotto, cit., pp. 97-115, in part. 98-100. Di Anatolio si conserva un grande ritratto opera del pittore Karl Brijullov presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, si veda La Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, storia e collezioni, a cura di Carlo Sisi, Banca Toscana, Firenze 2005, p. 76.
12 Sulla presenza russa a Firenze si veda Lucia Tonini, Un orso in salotto. Esotismo e integrazione dei russi nei salotti della Firenze ottocentesca, in Firenze in salotto, cit., pp. 116-139.
13 Benedetta Craveri, La contessa Virginia Verasis di Castiglione, cit., p. 53.
14 La Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, storia e collezioni, cit., p. 82.
15 Stanislao Poniatowski nel 1825 si stabilì con la famiglia in palazzo Capponi in via Cavour. Nel 1842 fece costruire una nuova residenza all’architetto Giuseppe Poggi, di fronte alla porta al Prato. Si veda Enrico Colle, Immagini toscane fra quieto vivere borghese e mondanità, in Firenze in salotto, cit., pp. 97-115, in part. pp. 100-101.
16 Benedetta Craveri, La contessa Virginia Verasis di Castiglione, cit., p. 97.
17 Ivi, pp. 20, 97.
18 Ivi, p. 98.
19 Ivi, pp. 43, 98.
20 Isabella Poniatowski aveva sposato (in terze nozze) Filippo de Piccolellis e animava un salotto in palazzo Incontri, all’incrocio fra via dei Pucci e via dei Servi. Si veda Enrico Colle, Immagini toscane fra quieto vivere borghese e mondanità, in Firenze in salotto, cit., pp. 97-115, in part. p. 107.
21 Benedetta Craveri, La contessa Virginia Verasis di Castiglione, cit., p. 88.
22 Ivi, p. 137.
23 Ivi, pp. 61-62.
24 Sylvie Le Ray-Burimi e Anthony Petiteau, Il “Congresso di Parigi”, quadro e bozzetto di Edouard Dubufe, in Napoleone III e l’Italia, cit., pp. 56-65.
25 Benedetta Craveri, La contessa Virginia Verasis di Castiglione, cit., pp. 43, 69, 90.